Dal 2007 gli amministratori rinunciano ai compensi per dare un fisso agli ex Lsu, Lavoratori socialmente utili
Sin dal 2007, sindaco, assessori e consiglieri di Piedimonte Matese rinunciano agli emolumenti ed utilizzano quelle somme – più o meno 100mila euro all’anno – per interventi nel campo del sociale. Ma da quest’anno l’asticella si alza, con l’obiettivo di contribuire al sostentamento di circa 150 famiglie attraverso la realizzazione di progetti di lavori di pubblica utilità. «Nonostante il taglio drastico dei trasferimenti da parte dello Stato e della Regione – spiega il primo cittadino, Vincenzo Cappello (nella foto) – abbiamo deciso di intensificare gli sforzi nell’azione di contrasto dalla povertà e di sostegno alle fasce più deboli. Ma ponendo in essere un’iniziativa che non si configurasse come una sorta di elemosina, bensì come un corrispettivo per un lavoro svolto, per salvaguardare la dignità degli individui. Attiveremo una serie di progetti per la piccola manutenzione degli edifici comunali, per la vigilanza davanti alle scuole e le pulizie negli uffici, che consentiranno a 150 persone di guadagnare una indennità mensile».
Gli interventi saranno finanziati con i contributi regionali della legge 328, con fondi del bilancio e con quelli scaturenti dalla rinuncia agli emolumenti. «Rivendichiamo con orgoglio lo status di amministrazione a costo zero – sottolinea Cappello – perché nessuno di noi ha mai percepito indennità, gettoni di presenza o rimborsi spese. Anche quando andiamo in giro per fini istituzionali utilizziamo le nostre auto personali».
Pietro Falco Corriere del Mezzogiorno
Gli interventi saranno finanziati con i contributi regionali della legge 328, con fondi del bilancio e con quelli scaturenti dalla rinuncia agli emolumenti. «Rivendichiamo con orgoglio lo status di amministrazione a costo zero – sottolinea Cappello – perché nessuno di noi ha mai percepito indennità, gettoni di presenza o rimborsi spese. Anche quando andiamo in giro per fini istituzionali utilizziamo le nostre auto personali».
Pietro Falco Corriere del Mezzogiorno