Il museo civico pronto ad accogliere i nuovi tesori emersi dall’area archeologica di Monte Cila. L’amministrazione comunale di Piedimonte, per il recupero del museo civico, ha anche stipulato un protocollo d’intesa con l’Università del Salento e, grazie alla preziosa consulenza di Gianluca Tagliamone, docente di Etruscologia e Antichità italiche, è stato possibile avviare una decisiva campagna di scavi.
Un percorso che narri la storia più antica della città di Piedimonte Matese, quella che, giorno dopo giorno, torna alla luce, con straordinaria sorpresa, dal sito archeologico del Monte Cila e che riporta all’età sannita, prima degli scontri con i romani che si insediarono nella vicina colonia di Alliphae. Entro il mese di maggio, un segmento importante di quell’epoca storica diventerà parte integrante del nuovo percorso espositivo che il Comune intende realizzare all’interno del complesso monumentale di San Domenico, dove i recenti lavori di recupero architettonico hanno permesso di ampliare gli ambienti museali, al momento ubicati al primo piano, ma presto estesi anche al piano terra dell’ex convento domenicano. È qui che l’amministrazione comunale intende realizzare l’ambizioso progetto di allestimento delle prime tre sale, con i reperti provenienti dal Monte Cila, zona di interesse archeologico che, assieme alla vicina area di Ponticello, rappresenta uno scrigno ancora tutto da scoprire: i risultati degli scavi recentemente aperti sui siti in località Ponticello, hanno fornito, infatti, dati significativi in base ai quali è possibile ritenere che proprio in quell’area, già fra il tredicesimo e il dodicesimo secolo avanti Cristo, vi fossero insediamenti umani. «Già in passato – spiega l’assessore Attilio Costarella – che sta curando l’importante lavoro di recupero delle collezioni museali, l’area archeologica di Monticello, che il vallone Paterno separa dal Monte Cila, ha restituito punte di lancia e ceramica a vernice nera, pertinenti a tombe, databili tra la seconda metà del terzo secolo e il secondo avanti Cristo. Si tratta di reperti d’origine locale o comunque campana, ritrovati assieme ad altro materiale fittile votivo, le cui caratteristiche lasciano supporre che, in loco, vi fosse un tempio. Il materiale archeologico rinvenuto adesso, potrebbe quindi permettere agli studiosi di riscrivere la storia antica della città e del suo vasto circondario». Il progetto di musealizzazione è stato curato dagli architetti della società «N! Studio» di Roma e illustrato nel dettaglio, con l’ausilio di numerosi rendering, durante una tavola rotonda promossa presso la sede dell’associazione storica del Medio Volturno. Oltre alle collezioni museali che il Comune ha recuperato grazie alla collaborazione con la Soprintendenza ai beni archeologici di Napoli (i reperti sono stati infatti custoditi per oltre trent’anni al Museo archeologico di Napoli, in attesa che i locali di Piedimonte fossero messi definitivamente a norma), sono stati acquisiti al patrimonio del Museo civico – di interesse regionale – anche importanti pergamene, fra cui una del 1796, vergata da Niccolò Gaetani, signore di Piedimonte, redatta in un momento storico particolarmente pericoloso per il Regno di Napoli, alla vigilia, cioè, dell’invasione da parte della armate napoleoniche. Dopo lunghi decenni di silenzio e di buio, il dismesso museo civico, intitolato oggi a Raffaello Marrocco, va recuperando, come in un puzzle, i tasselli della sua identità, arricchendosi di tesori nuovi e antichi, che dalla primavera saranno finalmente restituiti alla città.
Gianfrancesco D’Andrea – Il Mattino
Gianfrancesco D’Andrea – Il Mattino