Si è riunito a Piedimonte Matese l’esecutivo provinciale del Giovani Democratici, insieme a tutti gli iscritti e simpatizzanti dell’alto casertano, per discutere dei prossimi impegni congressuali che vedono impegnati i ragazzi di Piedimonte Matese e Alvignano. Presentato un documento sulle politiche agricole in provincia di Caserta, riferite anche ai fatti di Rosarno, preparato dal segretario provinciale dei Gd, Marco Villano, e dal delegato provinciale all’agricoltura, Carlo Loffreda (nella foto). “Un documento – spiegano Villano e Loffreda – un po’ provocatorio, proprio per cercare di rilanciare l’agricoltura in Terra di Lavoro, anche dopo i recenti scandali riguardanti la mozzarella di bufala”. Il testo del documento: Ci volevano i recenti fatti di Rosarno per risollevare all’attenzione dei mass-media, e dunque al dibattito pubblico e politico, la questione dell’immigrazione declinata all’agricoltura italiana. Una situazione quella della cittadina calabrese, che il clima teso, deflagrato in caos e violenza per le strade da parte sia degli immigrati che degli stessi cittadini, ha messo in luce chiaramente in tutta la sua drammaticità. Ma possiamo ricondurre il problema esclusivamente al fenomeno del razzismo? O forse, il nocciolo della questione risiede nelle difficoltà che tormentano oggigiorno il settore agricolo? Non v’è dubbio che oggi gli extracomunitari rappresentino una grande risorsa per l’agricoltura italiana, impiegati in diverse attività, dalla produzione e raccolta di verdure e frutta sino all’allevamento di bestiame, come accade del resto in svariate località campane; nella nostra provincia sono soprattutto i comuni dell’Agro Aversano a manifestare un’alta concentrazione di manodopera di immigrati per produzioni ortofrutticole, e nel Mezzogiorno la Campania è la regione che accoglie la quota più consistente di immigrati, circa la metà di tutti gli stranieri presenti nel Sud Italia; si stimano oltre le 100mila unità, con più di 150 nazionalità rappresentate. Spesso sfruttati e sottopagati (potremmo definirli schiavi del nuovo millennio), gli immigrati fanno quello che gli italiani non vogliono più fare, per lo più a causa di retribuzioni troppo basse, se comparate alla quantità di lavoro svolto, e condizioni di lavoro disumane. Elementi che non garantirebbero ad una persona un vita dignitosa, con una paga di 20 euro al giorno per 10 ore di lavoro nei campi. Ecco, forse una riflessione più proficua potrebbe essere quella indirizzata proprio alle condizioni attraversate dal settore agricolo italiano, con gli agricoltori e le aziende che manifestano gravi difficoltà, a causa dei costi produttivi e burocratici che, senza contare il crollo dei prezzi praticati sui mercati, diventano sempre più insostenibili. Un’azienda agricola, ad esempio, spende circa 7200 euro all’anno solo per ritardi e disservizi della burocrazia. Il 2009 poi si è chiuso con un segno negativo, 30mila imprese sono state costrette a cessare l’attività, e nei prossimi anni altre ancora rischiano di chiudere.Quello che noi Giovani Democratici ci aspettiamo dalle istituzioni locali e nazionali, Ministero dell’Agricoltura in particolare, è una maggiore attenzione a queste problematiche che a lungo andare, se trascurate, rischiano di sfociare in rivolte anche nel territorio della nostra Provincia. Al di là del fare chiarezza sull’immigrazione (il che non significa espellerli, ma solo una messa in regola), interventi per fronteggiare la crisi delle aziende agricole e per ridonare fecondità al mondo dell’agricoltura dovrebbero essere tra le priorità dei governi, affinché vengano garantite certezze per il futuro. Così come è indispensabile una politica che si faccia carico anche di infrastrutture atte alla necessità primarie per la dignità umana, come predisporre nelle zone di lavoro, servizi igienici (bagni e docce). Ma non solo: utili sarebbero pure agevolazioni governative per i datori di lavoro, per allontanare l’ipotesi di lavoro nero, e allo stesso tempo mettere in regola i lavoratori con contratti a tempo determinato, semestrali o annuali, dando al lavoro meno precarietà. E’ evidente che nel territorio del Sud Italia è necessaria anche una “prevenzione”, affinché fatti come quelli di Rosarno non si verifichino anche nelle nostre zone, dove vive il pericolo di un controllo camorristico, e per questo è necessaria una presenza forte e fattiva delle istituzioni sul territorio, al contrario di quello che è più facile pensare, e cioè una presenza militarizzata e un braccio armato volto a reprimere. Ciò che veramente serve è una seria programmazione, che si faccia carico delle necessità di tutti e che non tralasci il cardine principale di ogni democrazia: la coesistenza rispettosa, libera e pacifica. E’ chiaro che l’assenza delle istituzioni, nel quadro odierno ancora oggi deficitario e lacunoso, garantirà alle organizzazioni criminali il controllo della massa extracomunitaria, che invece ha bisogno di rispetto e, comunque, anche di fermezza, per trovare la strada alla convivenza e alla legalità. E’ una battaglia che ci impegnerà nei prossimi tempi, quasi una scommessa non più rimandabile.