La Camera ha votato la fiducia al Governo sul “decreto Ronchi” che prevede la privatizzazione del comparto idrico pubblico. La conseguenza è che società pubbliche dovranno trovarsi entro due anni dei partner privati con cui gestire il servizio pubblico. di Mario Navarra
Il decreto legge prevede la nascita di enti a capitale misto, con un tetto del 30% per la partecipazione statale, oppure l’assegnazione dell’appalto tramite gara pubblica ai privati. In via straordinaria è prevista la procedura che concede direttamente ad una società privata la gestione delle acque, previo parere vincolante dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
La conseguenza principale della nuova regolamentazione del comparto è che gli enti pubblici non avranno praticamente nessuna possibilità di contrastare gli interessi dei grandi gestori privati italiani. Inoltre la riforma spalanca le braccia alle multinazionali.
Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella commissione Ambiente ha commentato: “…viene resa obbligatoria la gestione dell’acqua: una scelta che va contro l’interesse dei cittadini e che non è dettata, come falsamente sostengono governo e maggioranza, da norme europee. Una scelta tanto più grave nel caso del partito di Bossi e Calderoli, che in Padania coi suoi sindaci si batte per l’acqua bene pubblico e a Roma prende decisioni ultraliberiste…”Biasimabile è anche il metodo utilizzato per affrontare la questione: decreto, e non se ne comprende l’urgenza, e addirittura la fiducia che ha stroncato ogni dibattito. Anna Finocchiaro, durante il suo discorso all’aula ha evidenziato: “La questione della gestione della risorsa acqua e’ una delle grandi questioni sulle quali si interroga il mondo intero. Non e’ un problema di poco conto, ragioniamoci, cerchiamo di capire meglio. Dobbiamo avere attenzione al fatto che stiamo parlando dell’acqua, la risorsa più preziosa naturalmente a disposizione dell’umanità”Il principale vantaggio dell’ingresso nel mercato della distribuzione dell’acqua deriva dal fatto che affidare ai privati gli appalti pubblici consentirebbe di ridurre i costi per lo Stato, di generare un circolo virtuoso di concorrenza e di incrementare gli investimenti per migliorare il servizio. Tutto a vantaggio del bene collettivo. Il Partito Democratico ha nel suo DNA il bene collettivo e nasce come un partito riformista favorevole, e anzi promotore, di importanti liberalizzazioni. Le liberalizzazioni promosse da Bersani quando era ministro dimostrano tutta la propensione del PD a favorire il mercato e la concorrenza, soprattutto se le riforme sono a vantaggio dei cittadini. Tuttavia questo decreto non sembra avere le stesse motivazioni delle liberalizzazioni del ministro Bersani, come del resto tanti altri provvedimenti di questa maggioranza. Se si parla di farmacie o di professionisti , laddove sarebbe immediato il vantaggio per i cittadini, e per i giovani professionisti che avrebbero qualche arma in più per far concorrenza ai colleghi già affermati, in questi ambiti non c’è niente da liberalizzare, anzi bisogna annullare i provvedimenti di Bersani. Non manca occasione per Tremonti di sottolineare che le privatizzazioni degli anni novanta sarebbero discutibili, e, all’improvviso, arriva questa scelta che definiremmo drastica, e su un bene così fondamentale come l’acqua.I costi della distribuzione dell’acqua potabile, fatti i distinguo dagli sprechi, non sono facilmente comprimibili. Le infrastrutture per la distribuzione dell’acqua costano sia in termini di investimenti iniziali che di manutenzione. Il dubbio principale è che il privato ribalterà inevitabilmente questi costi (alti soprattutto all’inizio) sulle tariffe. Massimizzando lo sforzo per recuperare i morosi (e chi non riesce a pagare), e lo sforzo per la riduzione dei costi stessi. Il fatto in sé potrebbe non essere negativo, se appunto il taglio avviene sugli sprechi e non sugli investimenti per il miglioramento del servizio e per l’incremento dell’efficienza. Quello che ci si aspetta è, a detta anche dei favorevoli alla privatizzazione, una impennata delle tariffe. Il rischio è che questo aumento, una volta superati gli investimenti iniziali, vengano convertiti in utili dalle società private stesse. E non è detto che gli investimenti stessi avvengano, e che siano sufficienti a migliorare o addirittura a mantenere allo stesso livello il servizio.E se uno degli scopi è quello di ridurre le perdite e gli sprechi d’acqua per poterla rendere disponibile a tutti, la scelta di darla in gestione ai privati, che la forniranno solo a chi la potrà pagarla, promuovendone il consumo per aumentare i profitti, sembra una contraddizione in termini.
Avere l’acqua a disposizione è un diritto. Mentre il mondo e le organizzazioni internazionali si preoccupano di far sì che la più preziosa delle risorse sia fruibile dall’intera popolazione mondiale, il governo si avvia invece alla sua privatizzazione.
Il PD ha inserito, attraverso un emendamento all’ultimo minuto nel testo: “L’acqua è di proprietà dello stato”: poche parole che però riescono nell’impresa di limitare la mercificazione selvaggia voluta dal ministro Ronchi, ideatore del decreto. Filippo Bubbico, primo firmatario dell’emendamento approvato dall’Aula afferma: ”Grazie a un emendamento del Partito democratico è stata scongiurata la privatizzazione dell’acqua, bene indispensabile, di primaria importanza per tutti i cittadini”.Le prime forme di condivisione democratica sono nate nella dimensione delle comunità locali dove, oltre ad una comunità di destini, vi era la gestione diretta dell’acqua e delle altre risorse territoriali. L’acqua per Piedimonte è sempre stata una risorsa vitale. Motore dell’economia e identità del territorio attraverso il Torano, il nostro fiume che scorreva attraversando la cittadina e alimentando l’industria e facilitando l’agricoltura. I piedimontesi vi hanno rinunciato negli anni sessanta del secolo scorso, per favorirne la distribuzione a tutti quelli che ne avevano bisogno. Il progresso tecnologico e civile imponevano una scelta che definiremmo a dir poco dolorosa: una parte della nostra identità è stata sotterrata insieme alla copertura del Torano. In cambio i cittadini piedimontesi hanno goduto di un regime tariffario particolare per decenni, ed oggi? Ci dobbiamo aspettare l’avvento di una società esterna, magari una multinazionale, che cercherà di fare utili sulla distribuzione della nostra acqua?Il Partito Democratico si impegna a garantire che l’acqua resti proprietà dello Stato, cioè nostra, di tutti, e si batterà affinché tutti ne possano disporre.
Il decreto legge prevede la nascita di enti a capitale misto, con un tetto del 30% per la partecipazione statale, oppure l’assegnazione dell’appalto tramite gara pubblica ai privati. In via straordinaria è prevista la procedura che concede direttamente ad una società privata la gestione delle acque, previo parere vincolante dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
La conseguenza principale della nuova regolamentazione del comparto è che gli enti pubblici non avranno praticamente nessuna possibilità di contrastare gli interessi dei grandi gestori privati italiani. Inoltre la riforma spalanca le braccia alle multinazionali.
Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella commissione Ambiente ha commentato: “…viene resa obbligatoria la gestione dell’acqua: una scelta che va contro l’interesse dei cittadini e che non è dettata, come falsamente sostengono governo e maggioranza, da norme europee. Una scelta tanto più grave nel caso del partito di Bossi e Calderoli, che in Padania coi suoi sindaci si batte per l’acqua bene pubblico e a Roma prende decisioni ultraliberiste…”Biasimabile è anche il metodo utilizzato per affrontare la questione: decreto, e non se ne comprende l’urgenza, e addirittura la fiducia che ha stroncato ogni dibattito. Anna Finocchiaro, durante il suo discorso all’aula ha evidenziato: “La questione della gestione della risorsa acqua e’ una delle grandi questioni sulle quali si interroga il mondo intero. Non e’ un problema di poco conto, ragioniamoci, cerchiamo di capire meglio. Dobbiamo avere attenzione al fatto che stiamo parlando dell’acqua, la risorsa più preziosa naturalmente a disposizione dell’umanità”Il principale vantaggio dell’ingresso nel mercato della distribuzione dell’acqua deriva dal fatto che affidare ai privati gli appalti pubblici consentirebbe di ridurre i costi per lo Stato, di generare un circolo virtuoso di concorrenza e di incrementare gli investimenti per migliorare il servizio. Tutto a vantaggio del bene collettivo. Il Partito Democratico ha nel suo DNA il bene collettivo e nasce come un partito riformista favorevole, e anzi promotore, di importanti liberalizzazioni. Le liberalizzazioni promosse da Bersani quando era ministro dimostrano tutta la propensione del PD a favorire il mercato e la concorrenza, soprattutto se le riforme sono a vantaggio dei cittadini. Tuttavia questo decreto non sembra avere le stesse motivazioni delle liberalizzazioni del ministro Bersani, come del resto tanti altri provvedimenti di questa maggioranza. Se si parla di farmacie o di professionisti , laddove sarebbe immediato il vantaggio per i cittadini, e per i giovani professionisti che avrebbero qualche arma in più per far concorrenza ai colleghi già affermati, in questi ambiti non c’è niente da liberalizzare, anzi bisogna annullare i provvedimenti di Bersani. Non manca occasione per Tremonti di sottolineare che le privatizzazioni degli anni novanta sarebbero discutibili, e, all’improvviso, arriva questa scelta che definiremmo drastica, e su un bene così fondamentale come l’acqua.I costi della distribuzione dell’acqua potabile, fatti i distinguo dagli sprechi, non sono facilmente comprimibili. Le infrastrutture per la distribuzione dell’acqua costano sia in termini di investimenti iniziali che di manutenzione. Il dubbio principale è che il privato ribalterà inevitabilmente questi costi (alti soprattutto all’inizio) sulle tariffe. Massimizzando lo sforzo per recuperare i morosi (e chi non riesce a pagare), e lo sforzo per la riduzione dei costi stessi. Il fatto in sé potrebbe non essere negativo, se appunto il taglio avviene sugli sprechi e non sugli investimenti per il miglioramento del servizio e per l’incremento dell’efficienza. Quello che ci si aspetta è, a detta anche dei favorevoli alla privatizzazione, una impennata delle tariffe. Il rischio è che questo aumento, una volta superati gli investimenti iniziali, vengano convertiti in utili dalle società private stesse. E non è detto che gli investimenti stessi avvengano, e che siano sufficienti a migliorare o addirittura a mantenere allo stesso livello il servizio.E se uno degli scopi è quello di ridurre le perdite e gli sprechi d’acqua per poterla rendere disponibile a tutti, la scelta di darla in gestione ai privati, che la forniranno solo a chi la potrà pagarla, promuovendone il consumo per aumentare i profitti, sembra una contraddizione in termini.
Avere l’acqua a disposizione è un diritto. Mentre il mondo e le organizzazioni internazionali si preoccupano di far sì che la più preziosa delle risorse sia fruibile dall’intera popolazione mondiale, il governo si avvia invece alla sua privatizzazione.
Il PD ha inserito, attraverso un emendamento all’ultimo minuto nel testo: “L’acqua è di proprietà dello stato”: poche parole che però riescono nell’impresa di limitare la mercificazione selvaggia voluta dal ministro Ronchi, ideatore del decreto. Filippo Bubbico, primo firmatario dell’emendamento approvato dall’Aula afferma: ”Grazie a un emendamento del Partito democratico è stata scongiurata la privatizzazione dell’acqua, bene indispensabile, di primaria importanza per tutti i cittadini”.Le prime forme di condivisione democratica sono nate nella dimensione delle comunità locali dove, oltre ad una comunità di destini, vi era la gestione diretta dell’acqua e delle altre risorse territoriali. L’acqua per Piedimonte è sempre stata una risorsa vitale. Motore dell’economia e identità del territorio attraverso il Torano, il nostro fiume che scorreva attraversando la cittadina e alimentando l’industria e facilitando l’agricoltura. I piedimontesi vi hanno rinunciato negli anni sessanta del secolo scorso, per favorirne la distribuzione a tutti quelli che ne avevano bisogno. Il progresso tecnologico e civile imponevano una scelta che definiremmo a dir poco dolorosa: una parte della nostra identità è stata sotterrata insieme alla copertura del Torano. In cambio i cittadini piedimontesi hanno goduto di un regime tariffario particolare per decenni, ed oggi? Ci dobbiamo aspettare l’avvento di una società esterna, magari una multinazionale, che cercherà di fare utili sulla distribuzione della nostra acqua?Il Partito Democratico si impegna a garantire che l’acqua resti proprietà dello Stato, cioè nostra, di tutti, e si batterà affinché tutti ne possano disporre.